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la fuga dei forzati. 171


che poteva sopportare un peso di trenta o quaranta chilogrammi, all’estremità vi attaccò il suo coltello di manovra poi gridò:

Miss, lancio la fune!...

E la lanciò, tenendo in mano l’estremità opposta, e con una precisione tale, che il coltello andò a fermarsi presso il timone. Un braccio, quello della giovanetta, uscì dalla piccola finestra della cabina e la mano s’impadronì del gherlino.

— Tenete saldo l’altro capo — diss’ella.

— Non temete — rispose Asthor.

Passarono alcuni minuti. Le tigri avevano interrotto il loro mostruoso banchetto e guatavano con una certa inquietudine quella strana manovra, quasi presentissero che per loro doveva avere delle mortali conseguenze.

— Issate! — gridò ad un tratto Anna.

Asthor e Grinnell ritirarono il gherlino che era diventato pesante, e videro con gioia che vi erano attaccate tre carabine e un pacco voluminoso che doveva contenere le munizioni.

— Siamo salvi! — esclamò il capitano, afferrando le armi.

— Brava fanciulla! Tagliate le griselle onde le tigri non salgano, e poi fuoco a volontà.

Le fiere che non dovevano ignorare la potenza delle armi da fuoco e che avevano seguìte con viva inquietudine quelle diverse manovre, si erano radunate in mezzo alla coperta fissando ferocemente i tre marinai e cacciando sordi mugolìi.

— Fuoco! — gridò il capitano.

Tre detonazioni scoppiarono formandone una sola. Una gran tigre, che pareva capitanasse le altre, fece un balzo immenso mandando un ruggito terribile e si distese sul ponte dibattendosi furiosamente.