Pagina:Salgari - Un dramma nell'Oceano Pacifico.djvu/175


la fuga dei forzati. 169


— In dieci secondi mi sbrigherò. Ma come farò io a farvi giungere le armi?

— Ve lo dirò poi — rispose Asthor.

— State attenti alle tigri, e se qualcuna si avvicina al boccaporto di poppa, datemi l’avviso con un triplice grido.

— Che Iddio ti aiuti, coraggiosa figlia! — esclamò il capitano con voce commossa.

— Aspettate un istante, miss! — gridò Grinnell.

Si levò dalla cintura il coltello da manovra e in tre colpi staccò il grosso boscello del picco della randa.

— Ecco un proiettile che non faticherà a schiacciare la testa di una tigre — rispose egli. — La prima che si avvicina al boccaporto di poppa, sentirà se pesa.

— Grazie, Grinnell — disse il capitano. — Spicciati, Anna!

— Attenti alle tigri! Io esco dalla cabina!

I tre uomini, in preda ad un’ansietà impossibile a descriversi, attesero fra il più profondo silenzio.

Le tigri si erano radunate tutte verso prua, e malgrado il fumo e le scintille che uscivano dalla camera comune, dilaniavano i cadaveri che ingombravano la coperta mugolando e stritolando colle potenti mascelle le ossa di quei disgraziati. Pel momento non pensavano ai vivi, sicure forse di avere più tardi anche quelli. Ad un tratto però una grande tigre alzò la testa e aguzzò gli orecchi, mettendo un sordo miagolìo, uno di quei miagolìi che sono propri delle tigri e somigliano a veri ruggiti.

Il capitano, Asthor e Grinnell impallidirono, poichè in quel momento appunto Anna doveva trovarsi nel salotto del quadro.

— Grinnell! — mormorò il capitano con voce soffocata.

— Sono pronto — rispose il gabbiere alzando il pesante boscello.