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la fuga dei forzati. 165


accesi d’una viva fiamma; quegli occhi affascinavano ancora le fiere e le faceva tremare.

Fece un gesto di minaccia, poi indietreggiò verso la poppa, barcollando salì sul cassero senza perdere di vista le dodici tigri che lo seguivano lentamente come se fossero attirate da una forza misteriosa, si arrampicò sulla murata e guardò l’oceano gridando:

— Poggia sotto, Mac Bjorn!...

— Bill!... Infame Bill!... — urlò il capitano.

Il naufrago alzò il capo.

— Ah! Siete voi, capitano Hill — rispose con voce fioca. — Parola di marinaio, che sono molto contento di rivedervi ancora vivo.

— Cos’hai fatto della mia Anna?...

— Anna! — esclamò il naufrago con voce cupa. — Mi ha conciato... per bene... morte e dannazione!...

— Muori, cane! — esclamò il capitano levando dalla cintola di Asthor una pistola.

Puntò l’arma sul miserabile, ma la mano gli tremava così fortemente per l’emozione e pel furore, da rendere impossibile la giustezza del tiro.

— A me! — gridò il vecchio Asthor, levandogliela di mano.

Mirò e fece fuoco. Bill mise un urlo e cadde dalla murata stramazzando in mare.

— Corpo d’una spingarda! — gridò una voce che fu riconosciuta per quella di Mac Bjorn. — Quegli uccelli marini mi guastano il camerata. Al largo, compagni, e che il diavolo li bruci tutti!...

Sotto la poppa del legno si udirono dei colpi sordi, come se i miserabili sfondassero qualche cosa, poi apparve una delle due scialuppe. Mac Bjorn era al timone, Bill giaceva disteso sul banco e pareva senza vita; e gli altri arrancavano con gran vigore.