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l'assalto delle tigri. | 159 |
— Sì, e sale dalla stiva. —
Si curvarono sull’apertura del frapponte e guardarono ingiù. Dei frammenti di legname, forse lanciati dall’esplosione delle botti ripiene di alcool o di olio minerale, ardevano in fondo alla stiva, attorno al piede dell’albero di maestra a cui avevano dato già fuoco.
— Fuggiamo! — esclamò il capitano. — È un nuovo incendio che avvampa, e possiamo venire presi in mezzo.
— Addio, Nuova Georgia, — disse il pilota. — Sei perduta per sempre!
Risalirono frettolosamente in coperta, mentre le tigri, mezze soffocate e diventate furiose dalla vicinanza di quel nuovo incendio, ruggivano più forte che mai.
— Anna, — disse il capitano abbracciando la figlia. — Tutto è ormai perduto e non ci rimane che di lasciare questa disgraziata nave.
— Non vi è più alcuna speranza? — chiese la giovanetta colle lagrime agli occhi.
— Nessuna. Finchè io dispongo tutto pel salvataggio, scendi nella mia cabina, raduna le carte di bordo, i valori, e vieni a raggiungermi.
— Sì, padre mio. —
Mentre Anna scendeva nel quadro di poppa, il capitano gridò:
— Si abbandonino le pompe e si raccolgano quanti viveri si possono trovare.
— Si abbandona la nave? — chiesero i marinai.
— Sì, amici miei, — rispose il capitano con voce commossa. — La Nuova Georgia è perduta!
— Affrettiamoci, — disse Asthor. — L’albero di maestra può piombarci addosso da un momento all’altro.
— Andiamo a vedere se si può salvare qualche cosa nella dispensa, — disse Bill volgendosi verso i naufraghi.