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l'assalto delle tigri. 157


camera comune, spariva fra i densi nuvoloni di fumo, poi ricompariva più brillante e superba allungandosi verso le vele dell’albero di trinchetto ed eruttando contemporaneamente nembi di scintille, che il vento trasportava lontane lontane fra le tenebre, disperdendole sulle onde dell’Oceano Pacifico.

Nel frapponte proviero si udivano sempre cupi ronzii, sordi brontolii, uno spaccarsi e un cadere di legnami ardenti e giù, in fondo alla stiva, i ruggiti delle dodici tigri e lo scricchiolare delle gabbie furiosamente investite da quei potenti e feroci abitatori delle jungle indiane.

Miss Anna, atterrita dal fuoco e da quelle urla, si era ritirata a poppa per tenersi pronta a scendere nelle due imbarcazioni; ma il capitano Hill e Asthor, che non avevano perduto ancora ogni speranza, facevano intrepidamente fronte all’incendio, tentando ogni mezzo per domarlo.

Con le pistole in pugno, per incutere paura all’equipaggio e costringerlo con quella minaccia a continuare il duro lavoro, dirigevano i getti delle pompe or qua e or là, facevano tagliare questo o quel pezzo del castello di prua a fine d’isolare la fiamma irrompente, facevano recidere le manovre per salvare l’albero di trinchetto o ammainare le vele ed i pennoni che correvano maggior pericolo.

Ma tutti i loro sforzi pareva che riuscissero infruttuosi.

Alle dieci di sera dovettero far trasportare le pompe dietro l’albero di maestra avendo l’incendio guadagnato via. Ormai bruciava l’intero castello di prua e l’albero di bompresso si poteva considerare come perduto. Alle undici l’albero di trinchetto, la cui base doveva essere stata carbonizzata dall’incendio, precipitava attraverso la prua della nave, trascinando seco tutta la velatura e fracassando, nella caduta, le due ultime imbarcazioni sospese alle grue di cappone e parte della murata.