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l'assalto degli antropofagi. | 115 |
zione, una ventina di grandi canoe venire dalle coste settentrionali a tutta velocità.
Il capitano Hill ridirizzò l’alta statura e tuonò:
— Ognuno a posto di combattimento!... —
Poi, volgendosi verso Anna che era diventata pallida, ma che affettava ancora una grande calma:
— Figlia mia, — le disse con voce un po’ commossa, — ritirati nella tua cabina, poichè fra poco qui pioveranno le lancie e le frombole dei cannibali. —
— Ma se tu affronti la morte, voglio affrontarla anch’io al tuo fianco, — rispose la giovanetta. — Non tremo, padre mio, e tu sai che so adoperare il fucile come i tuoi migliori marinai.
— Lo so, ma combatterei male sapendoti esposta ai proiettili di quei bruti. Se avremo bisogno d’un fucile di più, ti prometto di farti salire in coperta. —
La baciò in fronte e la condusse nel quadro di poppa chiudendola nella cabina. Quando risalì sul ponte, i selvaggi stavano imbarcandosi nelle canoe mandando urla feroci ed agitando le armi.
I suoi marinai disposti lungo le murate, o appollaiati sulle coffe degli alberi, o celati dietro alle funi ammassate sul castello di prua o sul cassero, attendevano intrepidi l’attacco coi fucili in mano e le scuri e le sciabole di arrembaggio alla cintola. Anche i naufraghi, malgrado la loro estrema debolezza, avevano lasciato le brande dell’infermeria, pronti a combattere fino all’ultimo sospiro.
— A noi, feroci antropofagi! — esclamò il capitano. — Ehi, Asthor, fa’ spiegare la bandiera americana sul picco della randa, e tu, armaiuolo, fa’ piazzare le spingarde e il cannoncino sul castello di prua! —
Era tempo! I venti grandi canotti, imbarcati oltre dugento guerrieri armati di lancie, di mazze e di frombole, avevano lasciata la