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114 capitolo decimosecondo.


e fatti scendere sotto coperta, in un riparto della corsìa, dove si trovavano alcune brande pei feriti.

Asthor s’incaricò della loro cura, la quale, del resto, non doveva essere nè lunga nè difficile, trattandosi solamente di gente sfinita pei lunghi patimenti, ma di complessione ancora solida e che doveva ringagliardirsi presto con pasti sostanziosi e bottiglie di vin generoso.

Il capitano avrebbe voluto incaricarsene lui; ma in quel momento la sua presenza era più che necessaria sul ponte, poichè la Nuova Georgia stava per correre un secondo e più tremendo pericolo.

La spiaggia, fin dove giungeva lo sguardo, erasi rapidamente coperta di una moltitudine di antropofagi resi furiosi per lo smacco subìto e per la perdita dei prigionieri. Di là lanciavano orribili imprecazioni contro gli stranieri, li sfidavano con urla che nulla avevano di umano, li minacciavano agitando in modo convulso le pesanti mazze, le lunghe lancie e le frombole.

Pareva che di momento in momento, tutta quella gente dovesse precipitarsi in mare per muovere all’abbordaggio della Nuova Georgia.

— È un esercito, — disse il capitano, sulla cui fronte passava e ripassava una profonda ruga. — Se tutta quella popolazione ci assalta, per noi non so come andrà a terminare. —

— Prevedo un impetuoso assalto, — disse Bill che pareva più inquieto di tutti. — Oh! se questa nave non si fosse incagliata!... —

— Fortunatamente siamo pronti a riceverli e abbiamo rinforzato il numero dei difensori. Sono coraggiosi senza dubbio i vostri compagni.

— Non solo coraggiosi, ma anche valenti tiratori, — disse Bill con un certo orgoglio. — Oh! Oh! Ecco dei canotti! —

Il capitano, Anna e i marinai che stavano loro attorno, volsero gli sguardi verso l’isola e scorsero, non senza una certa emo-