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l'assalto degli antropofagi. | 111 |
Alcuni guerrieri vedendoli correre verso il re e credendo forse che volessero ucciderlo per poi mangiarlo, tornarono indietro agitando furiosamente le loro pesanti mazze; ma una scarica di pistole bastò per metterli in fuga. Tre o quattro di loro però, colpiti dalle palle, stramazzarono a terra.
Il capitano Hill, Mac Bjorn e Bill circondarono i prigionieri bianchi che parevano istupiditi per quell’inaspettato soccorso, tagliarono con pochi colpi di coltello i loro legami e li spinsero verso la foresta gridando:
— Presto, fuggite, o sarà troppo tardi! —
I marinai vedendo accorrere da tutte le parti la popolazione, resa furiosa da quell’attacco micidiale e per la fuga dei prigionieri, fecero un’ultima scarica, poi si misero a lavorare di gambe dietro ai fuggiaschi.
Raggiunta la boscaglia, si cacciarono in mezzo alle piante cercando di far perdere le loro tracce, e presero la rincorsa verso il mare, ricaricando le armi. Alle loro orecchie echeggiavano sempre le urla feroci dell’intera tribù, che si era precipitata dietro alle vittime e ai rapitori.
— Presto, presto, — ripeteva il capitano che temeva di vedersi tagliare la ritirata verso il mare.
— Corri Mac Doil; uno sforzo ancora Kingston; allunga le gambe, O’Donnel, — diceva Bill spingendo innanzi i suoi antichi camerati. — Forza Brown, saldo in gambe Dikens e tu, Welker, bada di non incespicare. —
Quei poveri diavoli che una lunga serie di patimenti e un digiuno forzato avevano ridotti pelle ed ossa e del tutto sfiniti, correvano facendo sforzi disperati, aiutandosi con salti smisurati, sbuffando e barcollando.