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i compagni di bill. 103


— È morto — rispose Bill facendo un gesto di stizza. — Sono vivi tutti gli altri?

— Sì, vivi, ma in cattivo stato, magri come bastoni e tanto deboli, da non poter quasi stare in piedi, perchè sono due giorni che non mangiano. Pare che i selvaggi vogliano mandarli all’altro mondo cogli intestini leggeri e una gran dose d’appetito. Cosa vuoi? Costumi da antropofagi!

— Vi sentite in grado di condurci fino al villaggio? — gli chiese il capitano.

— Lo spero, purchè mi sia dato un biscotto da sgretolare e un sorso di gin o di brandy.—

Un marinaio gli offrì la propria fiaschetta mentre un altro gli riempiva di biscotti le tasche della sbrindellata giacca e un terzo gli dava una scatola di pesce in conserva.

Il naufrago prese avidamente la fiaschetta e in tre lunghe sorsate la vuotò.

— Eccellente, in fede mia, questo wisky — disse facendo scoppiettare la lingua. — Andiamo ora, o sarà troppo tardi; ma silenzio assoluto, ed aprite per bene gli occhi.

Impugnò colla destra una sciabola d’abbordaggio datagli da un marinaio e colla sinistra una pistola offertagli da un altro; e raccolti i lembi della sua giacca, quel corpo lungo lungo, le cui ossa scricchiolavano ad ogni passo, si mise in cammino fiancheggiato da Bill, il quale gli sussurrava, agli orecchi, delle parole che il capitano non riusciva a comprendere, quantunque si trovasse due passi più indietro.

Chiedeva degli schiarimenti o si trattava di qualche cosa di più grave? Mac Bjorn, l’uomo-scheletro, non rispondeva, ma si vedeva muovere spesso il capo, come se approvasse ciò che gli veniva chiesto o detto: chi però l’avesse osservato meglio e di fronte,