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cap. xxii. — la fuga del marajah 331

sfregiato da un colpo di scimitarra, entrò sul terrazzino che girava intorno alla cupola, dicendo:

— Altezza le vostre truppe sono state respinte dappertutto.

— Siete dei vili! — urlò il marajah. — Dei miserabili solamente buoni a mangiarmi i denari!

— Abbiamo combattuto disperatamente, Altezza, e abbiamo lasciato la metà dei nostri uomini nelle vie della capitale. Ci piombano addosso da tutte le parti e sono più di ventimila perchè anche i cingalesi sono passati ai ribelli.

— Li farò trucidare tutti fino all’ultimo uomo. È vero che Maduri è fra gli insorti?

— Sì, Altezza.

— Come si trova qui?

— Una nostra banda l’aveva fatto prigioniero e stava per condurlo qui, quando i ribelli glielo strapparono di mano.

— Li farete gettare tutti nel lago a pasto dei coccodrilli. I miserabili! I traditori! I vili!

— Sono già tutti morti.

— E l’avevano in mano quel ragazzo! Canaglie! Dovevano condurmelo qui o per lo meno ucciderlo.

— E anche l’uomo bianco, Altezza, è coi ribelli.

— Il francese! — esclamò il marajah diventando livido.

— È lui che guida tutti, perchè anche lui è stato liberato.

— L’hai veduto tu?

— Sì, Altezza.

— E non l’hai ucciso?

— Era circondato da centinaia d’insorti.