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cap. xxi. — l'insurrezione | 323 |
poi nuovamente si fermarono, mentre intorno a loro s’udivano voci rauche e minacciose.
— Fermatevi!
— Chi conducete?
— Chi sono questi prigionieri?
— Chi oppone resistenza sarà ucciso!
— Fate largo! — grida una voce. — Andiamo dal marajah.
Urla furiose si alzano dappertutto.
— Abbasso il marajah! Morte al tiranno! Consegnate i prigionieri!
Venti mani strappano la coperta che nasconde Jean Baret e questi si vede circondato da una folla di cingalesi, armati di carabine, i quali non sono quelli della scorta.
Un grido di gioia e di stupore prorompe da cento bocche.
— L’uomo bianco! Il salvatore di Amali! Viva il francese!
Jean Baret si sente liberare dalla rete e sollevare in aria. Vede dappertutto gente armata che si pigia su una vasta piazza e che agita pazzamente le mani, salutandolo con entusiasmo. Per un momento credette di sognare.
Un uomo, che porta sul capo un enorme ciuffo di piume di pavone e che indossa una superba camicia di seta azzurra ricamata d’argento, fende la folla, fa deporre a terra il francese ancora stupito e gli stringe la mano dicendogli:
— Io sono il fratello del capitano Binda ed io so che voi l’avete salvato dai denti dei coccodrilli: