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26 | sul mare delle perle |
I marinai che non aspettavano che quell’ordine, appena avvertiti levarono lo âncore e sciolsero le vele che erano state imbrogliate durante quella lunga attesa.
La leggiera nave, messasi al vento, lasciò il banco, scivolando lestamente fra le barche dei pescatori che l’attorniavano, e prese il largo, passando dietro le ultime linee delle barche.
A trecento passi vi era lo stazionario inglese, presso cui si trovava sempre la scialuppa dorata del principe di Manaar.
Quel vascello, mandato dal governo dell’India per sorvegliare la pesca, era una bella nave di cinquecento tonnellate, armata di sei cannoni e montata da un equipaggio quattro o cinque volte più numeroso di quello del re dei pescatori di perle.
Nondimeno Amali, che teneva il timone, non ebbe timore di passarle a poppa, anzi un sorriso sdegnoso apparve sulle sue labbra vedendo che i marinai inglesi si affollavano sulle murate e che guardavano il suo legno sospettosamente.
— Padrone! — disse Durga, il quale se n’era accorto. — Che il principe di Manaar abbia detto qualche cosa agl’inglesi sui tuoi progetti?
— E che m’importerebbe? — rispose Amali, alzando le spalle. — Si provino gl’inglesi a dare la caccia al mio Bangalore. Anche se spiegassero le vele di riserva, io li lascierei ben lontani e poi, m’inseguano sui bassi fondi, se l’osano. Li faremo correre fino al mio inacessabile nido, per poi farli fracassare contro le scogliere subacquee.