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cap. xx. — la presa del fortino | 305 |
— Si aprirà con una mina.
— Datemi venti libbre di polvere ed io rispondo di tutto.
— Lasciate che vada qualcuno dei miei uomini. Potreste venire ucciso.
— Con questa oscurità! Ah! Bah!
Il francese, che era cocciuto come un mulo, ad onta delle esortazioni di Amali, si fece consegnare un sacchetto di polvere ed una miccia abbastanza lunga e, gettatosi a terra, scomparve in direzione del fortino.
I pescatori di perle intanto, protetti dagli enormi tronchi della foresta, raccoglievano rami che poi legavano in fastelli, per coprire le spine del fossato.
I cingalesi di quando in quando sparavano un colpo di spingarda, abbattendo qualche piccolo albero e davano l’allarme.
Non era trascorsa mezz’ora quando Amali vide Jean Baret ritornare, lordo di fango fino ai capelli.
— La miccia brucia, — disse. — Ho scavato la mina nel fossato, presso la palizzata, senza che gli assediati se ne siano accorti.
— Grazie, Jean Baret.
— Zitto, prepariamo i nostri uomini per l’assalto.
— Cederà la cinta?
— Con quella mina! Salterà in aria e avremo una breccia di parecchi metri.
I pescatori di perle si erano appena disposti in colonna, portando ciascuno un fascio di rami grossissimi, quando un vivido lampo ruppe le tenebre,