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cap. xix. — alla conquista d'un regno | 291 |
deranno all’impeto dei candiani e dei sudditi del marajah.
— Approderemo ad Abaltor?
— Sì, prima di mezzanotte.
— Troveremo ostacoli?
— È un villaggio indifeso. Solamente entro terra esiste un fortino di legno di tek, che noi subito occuperemo e che servirà di base alle nostre operazioni. Lo assaliremo questa notte istessa, se il tempo ce lo permetterà.
— Il tempo! — esclamò il francese.
— Pare che voglia cambiare — disse Amali, che guardava verso levante, dove si delineava una nube di tinta oscura.
— Scoppierà qualche uragano?
— In questa stagione sono frequenti e spesso terribili. Approderemo però egualmente, anzi ne approfitteremo per sorprendere il fortino ed impadronircene. Jean Baret, andiamo a far colazione; il combattimento ci ha impedito di mangiare un boccone. Binda, Maduri, seguiteci nella mia cabina.
Quando tornarono in coperta, il cielo aveva una tinta minacciosa. La nuvola oscura, già segnalata da Amali, si era alzata assai e s’avanzava spinta da un forte vento, che accennava a diventare sempre più impetuoso.
Anche la calma del mare si era spezzata e grosse ondate si formavano qua e là, assalendo poderosamente il Bangalore, il quale trabbalzava vivamente.
— Si prepara una tempesta, — disse Jean Baret ad Amali, il quale guardava sempre la nuvola nera,