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288 sul mare delle perle


Mysora e anche Jean Baret guardarono con sorpresa il re dei pescatori di perle.

— Mio fratello era il primogenito della famiglia — continuò Amali — e, come tale, la successione sarebbe spettata a lui. È morto, ma ha lasciato un figlio che io amo svisceratamente; e anche tu, Mysora, lo ami. Ebbene, per dimostrarti l’immenso amore che io nutro per te, darò a lui la corona, serbando per me la reggenza. Nè io diventerò marajah, nè tu regina. Lo vuoi, Mysora?

— Sì, Amali — rispose la giovane senza esitare. — Sacrifico anch’io, con gioia, la mia ambizione.

— Giurami che diventerai mia moglie.

— Lo giuro su Budda e volentieri, perchè la mia mano salverà la vita a mio fratello.

— Il marajah, se perderà il potere, vivrà circondato da tutti gli agi della vita, piccolo principe d’uno stato che noi gli concederemo sotto la nostra sorveglianza. Non più crudeltà; egli ne ha commesse perfino troppe e voglio che i suoi sudditi possano vivere felici senza tremare. La tua mano, Mysora.

— Eccola, Amali.

Il re dei pescatori di perle si tolse dal dito un anello d’oro con una superba perla nera, d’un valore inestimabile, e lo diede alla fanciulla, dicendole:

— Ecco il pegno del nostro fidanzamento. Sia la morte per chi mancherà alla parola. Jean Baret partiamo: i pescatori di perle sono già in cammino per Ceylan.

Mysora aveva porto la sua mano al re dei pescatori. Era commossa ed aveva gli occhi umidi.