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cap. xvii. — le galee del marajah 257


— Avete udito?

— No, Amali.

— Un lontano colpo di cannone o di spingarda.

— Sparato da chi? Dalle galee che ci inseguono?

— No, veniva dal sud.

— Dalla parte del vostro scoglio?

— Sì! Jean Baret, — disse Amali, con ansietà.

— Che le galee l’assedino?

— Sì.

— Non vedete nulla?

— Siamo ancora lontani per lo meno venti miglia.

— Prepariamoci al secondo combattimento, — disse il francese.

— Vi ho detto che cercheremo di passare senza essere veduti.

— Proveremo.

Il Bangalore, sempre spinto da un vento molto forte, si era staccato dalla riva e correva verso i banchi, sui quali si era fracassata la nave inglese.

Le quattro galee del marajah erano scomparse, non potendo, coi soli remi, gareggiare con quella svelta nave, che era la più rapida, che solcasse le acque dello stretto di Ceylan e le coste dell’India meridionale.

Nessun pericolo minacciava alle spalle i fuggiaschi. Sul mare non si disegnava alcun punto bianco o nero, che indicasse un veliero od una barca. Dei cavalloni invece correvano per lo stretto, rompendosi con gran fragore sui banchi sabbiosi,