Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
250 | sul mare delle perle |
— Sì e lo detronizzeremo, — rispose Amali, mentre un cupo lampo gli illuminava gli occhi.
Il Bangalore aveva allora attraversato il lago e stava per entrare nel canale.
Amali, avvertito, era salito sulla tolda, volendo assicurarsi se vi erano nemici.
— Sapete — disse a Jean Baret, — non mi fido. Il marajah può aver distaccato parte della sua flotta per catturare la mia nave.
— Sa che possedete il Bangalore?
— Sì, e anzi lo conosce bene, avendo esso fatto parecchie scorrerie sulle sue spiaggie.
— Gli premerà di catturarlo.
— Lo ha tentato parecchie volte — disse Amali. — Non possiede però nessuna galea che possa competere colla mia nave, che è la più veloce che esista nello stretto di Ceylan e anche la meglio armata.
Annottava rapidamente, quando il Bangalore, guidato da Amali, cominciò ad inoltrarsi nel canale.
Jean Baret e Durga, a prora, guardavano verso l’occidente, per vedere se scorgevano le scialuppe dei selvaggi, che li avevano assaliti due giorni innanzi, o la flottiglia del marajah.
Gli alberi che coprivano le due rive, quasi tutti immensi, proiettavano un’ombra così fitta, che sarebbero stati necessarii gli occhi d’un gatto per distinguere qualche cosa.
— Mi pare che non vi sia alcuno su questo canale — disse il francese. — Vedi nulla tu?
— No, signore.
— Il marajah ha fatto una vana minaccia.