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cap. xvi. — due formidabili nemici 239


Quattro capitani presero in mezzo Amali e lo condussero verso la tenda che serviva da prigione.

Nel girare lo sguardo verso la folla che s’accalcava nello spazio compreso fra le due tende, il re dei pescatori vide un uomo che riconobbe subito.

— Uno dei miei marinai, — mormorò. — Come si trova qui? Che l’equipaggio del Bangalore abbia già saputo che noi siamo prigionieri?

Quando entrò nella tenda, Durga, il capitano ed i due pescatori gli furono intorno, interrogandolo ansiosamente cogli sguardi.

— Siamo perduti, — disse Amali. — La prigionia di Mysora non è bastata a salvarci.

— Lo sospettavo, — rispose il capitano, con rassegnazione. — A quando la nostra morte?

— A questa sera, al tramonto.

— Ci farà schiacciare dai suoi elefanti?

— No, ci ha serbati per un supplizio ben più spaventevole, che non poteva nascere che nella mente d’un tiranno sanguinario. Ci farà divorare vivi dai coccodrilli del lago.

— Mio povero Amali!

— Eppure non dispero ancora. Sai che Jean Baret è riuscito a fuggire?

— Il francese!

— Sì, Binda.

— E come ha fatto?

— Non lo so; ho udito narrare che ha ucciso i suoi guardiani. Se quell’uomo è libero, è capace di tentare qualche colpo disperato per salvarci.

— Che cosa potrà fare da solo?

— Solo! E chi ti dice che non abbia raggiunto