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scino di velluto, circondato dai ministri, dai cortigiani e dai comandanti.

Appena ebbe gettato uno sguardo su Amali s’alzò di scatto, pallidissimo per l’emozione, gridando con voce strozzata dall’ira.

— Tu!... tu!... Amali!...

— Sì, io sono il re dei pescatori di perle, il discendente degli antichi monarchi di Jafnapatam, il fratello di colui che hai assassinato.

— Possibile! M’inganno io?...

— No, io sono Amali.

— Amali! — esclamarono i ministri ed i cortigiani.

Il re dei pescatori di perle sostenne impavido tutti quegli sguardi, tenendo le braccia incrociate sul petto, in atto di sfida.

Il marajah per qualche istante rimase silenzioso, col viso congestionato, come se una rabbia tremenda gli avesse paralizzata la lingua.

Ad un tratto scattò, urlando:

— Miserabile, che cosa hai fatto di mia sorella, di Mysora?

— Ella è in mia mano, in un luogo sicuro, — rispose Amali.

— Cacciata in qualche orribile prigione dove l’avrai fatta torturare.

— No, perchè occupa il miglior appartamento del mio palazzo ed è rispettata dai miei uomini, quanto me stesso. Non è mia prigioniera, puoi dire invece che è mia ospite.

— Volontaria?

— Oh no! E poi.... forse.