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cap. xv. — la fuga di jean baret 217


— Vengono — disse Jean Baret.

Uno scoppio d’urla acute ruppe il silenzio. I cingalesi si slanciavano all’assalto del tempio, credendo che i fuggiaschi vi si trovassero ancora.

— Se tardavamo pochi minuti eravamo presi — disse il francese. — Mentre ci cercano, fuggiamo.

— Tremo per Maduri — disse Amali con angoscia.

— Non possono trovarlo e poi anche scoprendo la pietra, nessuno potrebbe scendere. Si trova più al sicuro di noi.

Le urla continuavano, accompagnate da colpi di fucile. I cingalesi battagliavano contro i muri del tempio e contro la statua di Budda.

— Bella sorpresa — disse Jean Baret, ridendo.

Ad un tratto le grida e le fucilate cessarono. I cingalesi dovevano essere entrati.

Si, cercateci — mormorò Durga. — Perderete del tempo che noi metteremo a profitto.

Fuggivano a precipizio, ansiosi di giungere al lago e di ritrovare il Bangalore, sul quale avrebbero potuto deridersi di tutte le forze del marajah.

Le canne di quando in quando li arrestavano, costringendoli a fare dei giri viziosi, essendo per lo più spinose. Per peggio il suolo, che diventava umidissimo, ritardava la loro marcia.

In certi momenti lo sentivano cedere e sprofondavano fino ai garetti.

Correvano da venti minuti, quando udirono dinanzi a loro dei latrati.

— Fermi, — disse Durga. — Vi è una colonna che ci marcia incontro.