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cap. xiv. — i cingalesi alla riscossa 213


— Che cosa vedi? — chiese Amali.

— Un corridoio — rispose Maduri.

— Dove mette?

— Vado a vedere.

Il ragazzo scomparve, agitando la canna per ravvivare la fiamma. La sua assenza non durò che un minuto.

— Zio — disse. — Questo corridoio mette ad una inferriata che si apre a fior di terra, fuori dalle mura della pagoda.

— È lungo?

— Cinquanta passi.

— L’aria dunque non manca.

— Ve n’è perfino troppa.

— Ti passeremo delle foglie onde tu possa coricarti all’asciutto e rimarrai qui finchè non sarà passato il pericolo.

— Farò quello che vorrai.

— Qualunque cosa accada non tradire la tua presenza. Anche se dovessimo venire presi, non uscire.

— È robusta la inferriata? — chiese Jean Baret.

— Pochissimo, essendo stata rosa dall’umidità.

— Potresti romperla?

— Col pugnale potrei levare le sbarre dall’alveolo.

— Sicchè potresti uscire.

— Lo spero.

Amali gettò nel buco un fascio di foglie di banano, consegnò al ragazzo le sue pistole, poi disse:

— Dormi e non occuparti di noi, anche se dovesse succedere qui un combattimento.