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210 | sul mare delle perle |
scopo di meglio riuscire nelle ricerche. Sediamoci qui e aspettiamo.
— Uh! Va male — brontolò Jean Baret, crollando il capo.
I latrati da qualche istante erano cessati, tuttavia nè Amali, nè il francese erano tranquilli. Forse i cingalesi avevano legato la bocca al cane, per impedire di dare avviso ai fuggiaschi del suo avvicinarsi.
Quello che impressionava Amali era il silenzio che regnava nella jungla, perchè dimostrava che degli esseri umani dovevano averla già invasa.
Quando gli animali s’accorgono della presenza dei cacciatori, stanno zitti per non tradire la loro presenza e rimangono nascosti nei loro covi. Anche le ferocissime tigri interrompono le loro scorrerie, sapendo di non aver nulla da guadagnare a far udire le loro urla.
Amali ed il francese, seduti a metà della scala, colla carabina fra le ginocchia, stavano sempre in ascolto e giravano gli sguardi in tutti i sensi, senza udire, nè veder nulla di sospetto.
Vigilavano da qualche ora, quando Amali vide alcune canne agitarsi lievemente a cinquanta passi dalla gradinata. Essendo cessato il venticello notturno, si doveva arguire che qualcuno le avesse mosse.
— Avete osservato? — chiese al francese, il quale si era levato in piedi.
— È qualche esploratore.
— Siamo stati scoperti.
— Non vi è più da dubitare — rispose Amali.