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154 | sul mare delle perle |
portando una tavola riccamente imbandita, che collocarono in mezzo alla sala.
I cuochi del capitano dovevano essere famosi. Avevano preparato manicaretti squisiti, pasticci d’ogni specie e salse d’ogni qualità!
Vi erano persino dei quarti di selvaggina arrostiti interi e collocati su enormi piatti d’argento.
— Dopo una corsa così lunga in mezzo ai boschi, questo pranzo era quello che ci voleva, — disse il francese. — Amico Durga, è il momento di approfittarne e di lasciare in pace il marajah, il re dei pescatori e tutti gli altri.
Jean Baret, che non perdeva mai una linea del suo inalterabile buon umore, si mise a tavola assaggiando tutto e anche molto gustando e facendo i più stravaganti paragoni fra la cucina cingalese e quella francese.
Era anzi tanto entusiasmato di quei pasticci, che per poco non proclamava la supremazia della prima sulla seconda.
Quand’ebbe saziata la fame, accese una sigaretta e si sdraiò pacificamente sopra un divano, invitando Durga a fare altrettanto.
— Giacchè siamo diventati i padroni di casa, facciamo il nostro comodo, — disse.
Parlava ancora e già dormiva, invitato dalla frescura che regnava in quella sala marmorea e dal silenzio che nessun rumore turbava.
Erano trascorse quattro o cinque ore, quando fu svegliato da una voce che gli diceva in un orecchio.
— Signore, non avete un momento da perdere