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cap. x. — una caccia alle tigri 135

di canne e di bambù secchi onde mantenere, durante la notte un buon fuoco, per allontanare le belve feroci, le quali non dovevano mancare nella vicina jungla.

L’ultimo raggio di sole era scomparso quando entrambi si mettevano a cenare dinanzi al fuoco.

Mangiarono con appetito, poi il francese accese una sigaretta mentre l’indiano si cacciava in bocca una pallottola di betel.

Quantunque il fuoco ardesse, nè l’uno nè l’altro osavano dormire perchè nella jungla si cominciava già a udire dei rumori poco incoraggianti; brontolii rauchi, urla acute e fischi d’ogni specie.

— Dubito che la notte passi tranquilla — disse il francese, dopo un po’ di silenzio. — Teniamo pronti i fucili e le pistole.

— Con voi non ho paura — rispose Durga — quantunque le tigri mi facciano gelare il sangue.

— Non sono così tremende come credi, te lo dice un uomo che ne ha affrontate molte. Solamente una volta, mi sono trovato dinanzi a una che mi ha realmente spaventato.

— Quando?

— L’anno scorso, nel Guzerate.

— Raccontate, signore. La notte passerà più presto e non ci addormenteremo.

— Temi qualche sorpresa?

— Abbiamo i nostri fucili e poi il fuoco arde e nessuna fiera oserà avvicinarsi.

— Non sempre il fuoco riesce a tenerle lontane, ma giacchè vuoi che ti narri quella caccia emozionante, odimi.