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CAPITOLO X.
Una caccia alle tigri.
Jean Baret e Durga, dissetatisi ad un torrentello limpidissimo, che scorreva sul margine dello spiazzo, quantunque molto dispiacenti di abbandonare quella montagna di carne senza assaggiarla, si rimisero in cammino, seguendo il largo sentiero aperto dall’elefante ferito dai cacciatori cingalesi.
L’enorme animale, nella sua fuga disordinata, aveva squarciato la foresta, rovesciando sul suo passaggio un numero infinito di piante più o meno grosse. Si sarebbe detto che un treno fosse passato a tutta velocità, tracciando un solco enorme.
— Che forza posseggono quegli animali — disse Jean Baret, guardando gli alberi che giacevano al suolo. — Sembran proprio fatti di ferro e non di carne! E pensare che ridotti in schiavitù sono così docili!
— Perfino troppo — aggiunse Durga — perchè basta un fanciullo a guidarli. Infatti qui sono i ragazzi che s’incaricano di far loro eseguire i lavori più gravosi, come il trasporto dei tronchi d’albero e di altri pesi enormi.