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130 | sul mare delle perle |
bito in mezzo ad un mazzo enorme di erbe altissime.
— Che hai? Un nuovo pericolo?
— Gli elefanti sono tornati a cercare il compagno.
— Non li vedo.
— Sono nascosti in mezzo a quei banani.
— Non mi lascierò sfuggire l’occasione di ammazzarne uno anch’io. Non voglio essere da meno dei cingalesi.
— Non saprete che cosa farne poi d’un simile animale.
— Sono cacciatore. Vuoi aspettarmi quì?
— Non vi arrischiate, signore.
— Non aver paura. Rimani qui, o meglio fa’ il giro di questo spiazzo per tagliare la via ai pachidermi. Sarà l’affare di pochi minuti e giungeremo a Jafnapatam prima che cali il sole.
— Come volete.
Jean Baret, smanioso di far vedere al suo compagno di non aver meno coraggio dei cingalesi, esaminò la carabina, poi si gettò in mezzo alle erbe facendo segno a Durga di girare lo spiazzo per prendere i pachidermi alle spalle.
Il francese sapeva che stava per giuocare una partita quanto mai pericolosa, eppure non si mostrava gran che preoccupato.
Era d’altronde un cacciatore emerito, che non temeva nessun animale e che aveva il polso fermo.
Approfittando dello spessore delle erbe per tenersi nascosto, si mise a strisciare lentamente innanzi, onde trovarsi a buona portata.