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cap. i. — i banchi perliferi di manaar | 7 |
Non si tratta già, come si può da taluni credere, d’una vera pesca fatta colle reti, quantunque le ostriche perlifere di quei celebri banchi non si trovino mai ad una profondità superiore ai dieci metri.
Sono i palombari che devono andare a raccoglierle, perchè le reti si strapperebbero subito senza portarne a galla una sola, essendo solidamente attaccate alle rocce.
Quando il palombaro è giunto là dove sa di trovarne in abbondanza, si stringe i fianchi con una semplice cintura, vi passa un coltellaccio per difendersi dai pesci-cani, si appende una piccola rete e si tuffa audacemente, dopo essersi legata ai piedi una pietra per scendere più rapidamente e più facilmente.
Toccato il banco, strappa quante ostriche può, ne riempie la rete, poi, con un colpo di tallone o coll’aiuto d’una corda, rimonta alla superficie.
L’immersione del palombaro ordinariamente non dura più di un minuto ed egli risale sovente in cattivissime condizioni, tali anzi che alla fine della giornata perde sangue dal naso, dagli occhi e dalle orecchie.
Ve ne sono però taluni che possono rimanere sott’acqua anche due minuti, ma invecchiano presto, la loro vista s’indebolisce, il loro corpo si copre di piaghe inguaribili e dopo pochi anni possono considerarsi completamente finiti.
Terminata la raccolta, alla sera le barche tornano alle rive di Ceylan o delle sue isolette e depongono le ostriche in buche, lasciandole ad imputridire.