Pagina:Salgari - Sul mare delle perle.djvu/141


cap. ix. — i cacciatori d’elefanti 123

ottima a mangiarsi cotta sulla brace; poi baressi flabelliformi che hanno foglie grandissime; palme infinite, banani mostruosi, talipoti, alberi della cannella, fichi baniani e cento e cento altre che non ci prenderemo la briga di nominare per non annoiare il lettore.

Tutte queste piante crescono alla rinfusa, senza coltura alcuna, formando delle macchie impenetrabili che servono di asilo a branchi di scimmie, fra le quali sono rimarcabili le nandru, che hanno una lunga barba bianca la quale va da un orecchio all’altro.

Migliaia poi e migliaia di piante parassite avvolgono tutti quei tronchi, incrociandosi in ogni senso e rendendo sovente quasi impossibile il cammino fra quei vegetali.

Jean Baret ed il luogotenente del re dei pescatori di perle, avendo trovato un sentiero, aperto probabilmente da qualche banda di elefanti selvatici, s’inoltravano tuttavia senza soverchie difficoltà e senza aver bisogno di mettere mano ai coltelli da caccia, che completavano il loro armamento guerresco.

Attraverso quel sentiero vedevano sovente passare degli animali, scovati e spaventati dallo scrosciare delle foglie. Erano lepri, gazzelle, porci selvatici e cinghiali, bestie che facevano battere il cuore al francese e che tuttavia lasciava fuggire senza salutarle con una scarica, temendo di perdere troppo tempo e poi non avendo bisogno di viveri.

Gli animali feroci invece mancavano e forse pel