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cap. viii. — un feroce assalto 115

riconosciuto per loro capo, mi obbediscono e, se lo volessi, potrei rovesciare sulle terre di Jafnapatam ventimila uomini decisi a tutto e bene armati.

— E perchè non lo fate?

— Vi ho narrato che il marajah tiene nelle sue mani mio nipote. Alla prima mossa che io facessi quel miserabile ucciderebbe inesorabilmente anche il figlio della sua vittima. Quando avrò posto il fanciullo al sicuro, la guerra scoppierà su queste spiagge.

— Quali intenzioni avete? che cosa volete fare per riaverlo?

— Presentarmi al mio nemico e intimargli di rendermelo in cambio di Mysora.

— E perderete la donna che amate.

— Per poco, perchè poi invaderò Jafnapatam alla testa dei miei pescatori di perle e me la riprenderò assieme alla corona.

— Volete che vi dica la mia opinione? — chiese Jean Baret.

— Ditela pure.

— Al vostro posto io non giuocherei una carta così pericolosa. Il marajah sarebbe capace d’impadronirsi di voi e di farvi fare la fine di vostro fratello.

— Mysora risponderà della mia libertà e della mia vita.

— Uh! Quel tiranno, mio caro Amali, sacrificherebbe, senza esitare, sua sorella pur di assicurarsi il trono e di mandare all’altro mondo un nemico così potente come siete voi. No, voi non commetterete mia simile corbelleria. I vostri uo-