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cap. viii. — un feroce assalto 113


— Lasciamo questi discorsi, signor Baret; ora che godiamo un po’ di calma possiamo fare colazione, così fra un boccone e l’altro vi spiegherò il motivo per cui io ho organizzato questa spedizione.

Essendo la sponda ben ombreggiata e non scorgendosi pel momento alcun pericolo, scesero a terra, dove Durga aveva già steso, sotto un bananio, una bellissima stuoia variopinta. Amali, che aveva fornito il Bangalore di molte provvigioni, fece servire un quarto di montone freddo, già precedentemente arrostito dal suo cuciniere, della buona birra inglese e delle gallette, facendovi aggiungere parecchie frutta raccolte nella foresta: banani, noci di cocco e aranci grossissimi. Mentre mangiava, si mise a raccontare al francese tutte le sue straordinarie avventure, fermandosi lungamente a parlare, con caldo accento, di Mysora, la graziosa sorella del marajah. Mise anzi tanto calore nel decantarne le grazie, che Jean Baret s’accorse subito dell’intensa passione che divorava il cuore del fiero re dei pescatori di perle.

— Pare che quella giovane principessa vi abbia toccato sul vivo — gli disse, sorridendo.

— Sì, — rispose Amali, con un profondo sospiro, — ma sarà per me, pur troppo, un amore senza speranza, perchè fra me e lei sta l’odio del marajah ed il cadavere di mio fratello.

— Vi ama quella giovane?

— Anche ieri mi detestava, oggi non posso dire altrettanto. Sembra che un nuovo sentimento sia entrato nel suo cuore.