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102 | sul mare delle perle |
— Sono pronto ad aiutarvi.
I selvaggi candiani sono però ben lungi da lasciare la preda. Lo scoppio della pinazza non sembra che li abbia spaventati e continuano, con tenacia incredibile, la loro tattica, non ostante le perdite già enormi subite.
Il canale è pieno di pezzi di barche e di corpi umani, eppure quei guerrieri s’avanzano ancora; stringono il Bangalore da tutte le parti, non offrendo ai colpi dei difensori che una linea senza profondità e che appena rotta si riordina subito.
Ogni barca, montata ordinariamente da una diecina d’uomini, forma come una unità combattente. Se una viene calata a fondo dai colpi delle spingarde, la sua perdita è insignificante, tenuto riguardo al numero di quelle che si seguono e prendono subito il posto di quella fracassata.
Il fuoco degli indiani diventa impotente e anche le spingarde non bastano più ad aprire il passo alla nave.
Anche Amali comincia a mostrarsi preoccupato della brutta piega che assume il combattimento.
— È finita, o sta per finire? — chiese il francese, guardando il re dei pescatori di perle.
— Non vi nascondo che corriamo un serio pericolo.
— Avete dei barili di polvere nella stiva?
— Una mezza dozzina.
— Mettiamoci una miccia e saltiamo in aria assieme agli assalitori.
— Avete del coraggio, signore — rispose Amali, guardandolo con viva ammirazione. — Non siamo