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cap. vii. — i selvaggi di ceylan | 99 |
il passo allontanandosi sempre più dalla pinazza, Durga è montato sulla tolda, seguito da sei uomini che portano enormi cesti, i quali vengono subito rovesciati a prora della nave.
Ecco i durion promessi da Amali al francese.
Questi durion sono frutta, che crescono in abbondanza nelle foreste di Ceylan, così pericolose, che non possono aprirsi impunemente.
Hanno la forma dei nostri poponi o meglio di certe zucche, perchè sono un po’ allungati e coperti di spine lunghe parecchi pollici, aguzze come aghi e dure quanto il ferro. Per aprirle ci vuole molta pazienza e anche un buon coltello ovvero una scure, giacchè le loro spine producono delle ferite pericolose. Nell’interno contengono una polpa bianca, divisa in varii scompartimenti, che manda un insopportabile odore d’aglio marcio, sebbene abbia un gusto squisitissimo e si fonda in bocca come la crema o meglio come un gelato.
Le prime volte è difficile abituarsi a un odore così ingrato, ma in seguito quella polpa riesce tanto deliziosa da far annoverare il durion fra le frutta più prelibate della flora cingalese.
Amali, da quel furbo che era, non contava già sulla loro polpa per arrestare lo slancio dei selvaggi candiani, bensì sulle punte che dovevano produrre delle ferite spaventevoli sui piedi nudi degli assalitori.
— Ora comprendo! — esclamò il francese. — Come sono furbi questi indiani!
— Vedrete che adesso non saliranno più sul mio