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94 sul mare delle perle


Ad un comando di Durga, otto uomini si erano collocati dietro le quattro spingarde, mentre gli altri si erano inginocchiati sulla tolda, colle carabine appoggiate alla spalla, pronti a far fuoco.

Il Bangalore sorpassa un isolotto ingombro di piante, che impedisce la vista, e tosto, allo sguardo di Amali e dei suoi compagni si presenta uno spettacolo strano e non meno terribile.

Presso l’entrata del laghetto, che doveva servire di rifugio al Bangalore, una di quelle grosse barche, munita di due vele latine, che gl’indiani chiamano pinazze, se ne sta ferma all’estremità d’un banco di sabbia, immobile come un pontone e avvolta in fitte nuvole di fumo.

Di quando in quando un colpo di cannone rimbomba e la palla o la mitraglia scompiglia un numero immenso di scialuppe, le quali cercano di stringersi intorno al veliero che la bassa marea deve aver arenato. Le barche sono piene d’uomini quasi interamente nudi, dai volti feroci e neri, contratti dalla rabbia, che urlano a squarciagola ad ogni sparo.

Sono almeno duecento e forse anche di più, mentre sulla pinazza non si scorge che un minuscolo gruppo d’indiani i quali fanno un fuoco incessante sugli assalitori, senza accennare ad arrendersi.

— I candiani dei boschi? — chiese Durga.

— Sì, — rispose Amali, che li aveva subito riconosciuti. — Tentano di prendere quella povera pinazza per saccheggiarla e decapitare i marinai che la montano.