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cap. i. — i banchi perliferi di manaar 3


Sarebbe stato impossibile precisare la sua età. Non doveva però aver meno di trent’anni nè più di quaranta.

Comunque fosse, era un uomo di bell’aspetto, coi lineamenti regolarissimi, con una corta barba nerissima, i capelli inanellati e la pelle un po’ fosca che aveva riflessi di bronzo antico.

Occhi splendidi, nerissimi, saettanti, d’una mobilità straordinaria, labbra sottilissime e rosse, denti superbi, membra bene sviluppate.

Aveva il capo nudo, adorno solo di un diadema di perle e di pietre come usano i cingalesi; ricche collane d’oro gli pendevano sul petto; una lunga camicia di seta bianca gli scendeva fino alle ginocchia; babbuccie di marocchino rosso ai piedi, ed ai fianchi una fascia di seta azzurra, come la bandiera, sotto la quale era passata una sciabola assai ricurva e corta, colla guardia d’oro.

Il piccolo veliero passò fra le innumerevoli barche dei pescatori di perle, le quali si affrettavano a lasciargli il passo, e andò a fermarsi nel centro del banco di Manaar, affondando le sue ancore di poppa e di prora. Intorno a lui si era fatto un largo vuoto.

Tutte le scialuppe che poco prima pescavano in quel luogo si erano sollecitamente ritirate mentre gli equipaggi mormoravano con un misto di rispetto e di terrore:

— Largo al re dei pescatori di perle!...

Il cingalese dalla camicia di seta bianca, appena veduto il veliero ancorato, aveva acceso un ricco narghilè coll’acqua profumata di rosa, s’era appog-