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cap. vii. — i selvaggi di ceylan | 93 |
con abilità sorprendente, facendola scivolare fra i banchi.
Ormai le tenebre erano scomparse ed il sole si mostrava al di sopra degli alberi, proiettando sprazzi di luce dorata attraverso le immense foglie dei banani e dei manganilli.
Gli spari intanto si succedevano senza interruzione e sempre più vicini. Ora era il cannone che faceva udire la sua voce rimbombante; ora invece era il crepitìo dei fucili.
— Siamo vicini al teatro della lotta, — disse ad un tratto Amali abbandonando un’altra volta la barra del timone ed impugnando una carabina col calcio incrostato di madreperla e di lamine d’argento.
Urla feroci, che parevano di fiere furibonde, si mescolavano agli spari dei fucili ed ai colpi del cannone. Si sarebbe detto che delle torme di selvaggi si precipitassero all’assalto di qualche villaggio o di qualche posto fortificato.
— Questi sono i candiani che abitano i boschi — disse Amali. — Sono le loro urla di guerra che io ho già udito altre volte, quando con mio fratello respingevamo le loro invasioni.
— Combattenti terribili, padrone? — chiese Durga.
— Ferocissimi e lottano con coraggio sovrumano, sebbene non posseggano armi da fuoco.
— E chi assalgono?
— Ora vedremo.
Il canale in quel luogo descriveva una curva e pareva che fosse al di là di quel gomito che avvenisse la battaglia.