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cap. vii. — i selvaggi di ceylan 91


— Una diecina di miglia, non di più. Avanziamoci con precauzione, perchè il canale è ingombro di banchi e anche popolato da numerosi coccodrilli d’una ferocia inaudita.

— Per quei rettili abbiamo armi in abbondanza, padrone.

Il Bangalore, dopo essere passato in mezzo a due isolette che formavano una barra, si inoltrò lentamente nel canale, sulle cui acque gli alberi proiettavano un’ombra fittissima.

Un silenzio profondo regnava in quel luogo, rotto solamente da improvvisi tuffi, che indicavano l’immersione di qualche coccodrillo. Dalle acque, quasi stagnanti, si alzava un odore nauseante di vegetali corrotti e di muschio emanato dai numerosissimi rettili, che si celavano fra le piante acquatiche.

Amali, cogli occhi in guardia, scrutava le tenebre mentre Durga misurava la profondità del canale, per evitare che il Bangalore si arenasse. Anche tutti gli altri stavano attenti ai banchi di sabbia, i quali diventavano sempre più numerosi.

Salivano da oltre un’ora e l’alba cominciava ad imbiancare il cielo, quando udirono una scarica di fucili.

— Chi può essere? — chiese Amali, lasciando la barra del timone ad uno dei suoi uomini. — Che io sappia questo canale non è stato mai abitato, essendo le sue rive infestate dalle belve.

— Saranno dei cacciatori. — rispose Durga.

— Chi oserebbe inseguire la selvaggina fra queste jungle?