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84 i naufraghi dello spitzberg


fino alle sponde del wacke, sperando sempre che si aprisse qualche larga fenditura, ma erano gite affatto inutili. La massa centrale del banco non cedeva e rimaneva sempre compatta.

L’equipaggio però non soffriva per quella prigionia prolungata, nè rimaneva inattivo. Tutte le mattine bande di cacciatori scorazzavano il banco cacciando le urie, le strolaghe, le oche bernide e le procellarie e tornavano sempre a bordo carichi di uccelli. Mancava però sempre la grossa selvaggina. Quando il tempo impediva di lasciare la nave, organizzavano delle feste nella sala del ponte e ballavano allegramente infischiandosene del freddo, delle nevi, dei ghiacci e anche dell’oscurità che aumentava sempre, diventando più brevi le comparse del sole. Allo Spitzberg doveva già essere cominciata la lunga notte polare.

Il 19 i cacciatori poterono finalmente catturare un grosso anfibio. Avevano sorpresa una morsa di forme gigantesche, nascosta dietro alcuni hummoks, in prossimità delle sponde, mentre stava scaldandosi ai raggi del sole.

L’anfibio non aveva avuto il tempo di riguadagnare il mare, ed era stato ucciso con quattro colpi di fucile.

Quella morsa era così pesante, che si dovette farla trascinare da dodici marinai. Gli stessi cacciatori cercarono pure d’impadronirsi di alcune foche che erano state vedute comparire su di un pack il quale navigava assieme al wacke, tenendosi ad una distanza di circa un miglio verso l’est.

Trascinarono la baleniera, che era l’imbarcazione più leggera, fino all’orlo del campo di ghiaccio, ed approfittando della tranquillità del mare, attraversarono il canale e sbarcarono sul pack che aveva una circonferenza di cinque o seicento metri, ma quelle foche erano