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62 i naufraghi dello spitzberg


in breve trovarsi dinanzi ai disgraziati naufraghi della Tornea e del Gotheborg.

Fra i fischi del vento si udivano sempre delle voci che scendevano dall’alto, ma non si potevano ancora afferrare le parole. Pareva però che gli uomini che parlavano fossero parecchi.

Il baleniere, impaziente di sapere con quali persone stava per incontrarsi, si mise a gridare con voce tuonante:

– Ohe!... Ohe!... Chi parla lassù?...

Le voci per un istante si tacquero, poi si udì un uomo a gridare in norvegiano:

– Che un orso bianco mi mangi vivo, se questa non è la voce d’un marinaio!...

– È uno scherzo del vento, disse un altro.

– No, del vento, tuonò Tompson. È una voce che viene da Vadsò!...

– Vadsò!... Vadsò!... urlarono parecchie voci: Chi parla di Vadsò?... In nome di Dio, parlate!...

– Sono il baleniere Tompson e mi manda da voi il signor Foyn.

– Il signor Foyn!... hurràh!... Siamo salvi!... hurràh!...

Attraverso alla nebbia e alla neve, il baleniere ed il professore videro delle forme umane scendere a precipizio le rupi e poco dopo si trovavano stretti fra venti braccia, sollevati e trasportati in alto prima ancora che avessero potuto pronunciare una sola parola o vedere in viso quei naufraghi.

Quando si sentirono liberi, si trovarono nell’interno di una capannuccia costruita coi rottami di una nave, di vele e di massi di ghiaccio, illuminata da due strane lampade formate da due grasse procellarie nelle cui gole era stato introdotto un lucignolo incatramato.