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capitolo vii – la «torpa» prigioniera 59


nuovamente nascosto e la nebbia, appena alzatasi, era tornata a scendere più fitta che mai.

Il baleniere però non era uomo d’arrestarsi. Temendo che le correnti trascinassero il wacke verso il sud e sapendo che i naufraghi delle due navi erano ormai da parecchi giorni alle prese colla fame, voleva raggiungere l’isolotto su cui sventolava la bandiera. Era certo di trovare ai piedi dell’antenna, qualche altra preziosa indicazione.

Scandagliò dapprima il ghiaccio dei banchi per essere certo che poteva reggere il peso delle due slitte e degli uomini, fece accendere delle lampade per non smarrirsi nel nebbione che continuava ad addensarsi e per non cadere in qualche crepaccio e diede il segnale di partire.

I quindici uomini, attaccatisi alle slitte, si misero in cammino attraverso la neve che cadeva vorticosamente, accumulandosi sui banchi e sulla costa.

L’isolotto, su cui ondeggiava la bandiera, non si scorgeva più, ma Tompson e Oscar avevano ormai rilevata la sua esatta posizione e tenendo le bussole in mano, erano certi di non smarrirsi.

D’altronde la distanza da percorrere era breve assai; non doveva superare il miglio.

Scandagliando attentamente i ghiacci per non cadere nei crepacci, aprendosi il passo attraverso i cumuli di neve e spingendo e trascinando le due slitte, in capo a mezz’ora i due drappelli giungevano presso le prime rocce dell’isolotto, le quali si estendevano verso la punta meridionale dell’Eis-fiord.

– Fermatevi qui, sotto quella rupe – disse Tompson ai marinai. – È inutile spingere le slitte attraverso questi pendii.