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capitolo vii – la «torpa» prigioniera 57


– E credete che non riusciremo più a liberarci da questi ghiacci?

– Chi lo sa!... Bisognerebbe che questo wacke incontrasse qualche vasto campo di ghiaccio e che nell’urto s’infrangesse.

– E colle mine, non si potrebbero far saltare quegli ice-bergs che c’impediscono di lasciare questo bacino?

– Ci vorrebbero delle tonnellate di dinamite e noi ne possediamo pochi chilogrammi.

– Che sia immobile questo wacke?

– No, va alla deriva verso il sud, ne sono certo.

– Allora ci trascinerà verso la Norvegia.

– Non ditelo così presto, professore. Può unirsi alla costa della Spitzberg e tenerci prigionieri fino all’estate ventura.

– Costringendoci a svernare?

– Sì, signor Oscar, ma noi siamo pronti a passare fra i ghiacci il lungo inverno polare. Ero certo di non poter ritornare quest’anno e... Ah!... La nebbia se ne va e comincio a scorgere le coste della Spitzberg.

– Ci sono vicine, signor Tompson.

– Non sono che a tre miglia. Ehi, timoniere, dammi il tuo cannocchiale; vedo una profonda apertura nella costa e spero molto.

Lo afferrò vivamente e lo puntò verso la costa. Un grido di gioia gli irruppe dalle labbra.

Proprio di fronte al grande banco di ghiaccio, s’apriva una specie di golfo assai profondo e molto largo, circondato da alte montagne e fiancheggiato, verso il sud, da un ghiacciaio.

Su di un isolotto formato di rocce sovrapposte, che aveva una circonferenza di tre o quattrocento metri, il baleniere aveva scorto un’antenna, sulla quale ondeg-