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46 i naufraghi dello spitzberg


Il capo Sud era ormai visibile, anche senza l’aiuto del cannocchiale. S’avanzava sull’oceano come uno sperone di dimensioni gigantesche, coperto di nevi e chiuso fra due campi di ghiaccio che si erano arenati alla sua base. Dietro quell’aguzzo promontorio si vedevano elevarsi delle montagne, le cui vette bianche erano coperte di nebbie e più sotto si vedevano scintillare dei vasti ghiacciai, quei lenti ma eterni vomitatori di ice-bergs.

Il capitano scrutava attentamente il promontorio con un forte cannocchiale, osservando specialmente le scogliere che emergevano fra i due campi di ghiaccio. Pareva che cercasse qualche indizio, del passaggio delle navi del signor Foyn.

Ad un tratto trasalì e abbassò bruscamente l’istrumento.

– Cosa avete, signor Tompson? – chiese Oscar.

– Ho scorto un segnale – rispose il baleniere, con voce commossa.

– Un segnale!

– Sì, professore: guardate ai piedi del promontorio, là dove si apre un piccolo seno sgombro dai ghiacci, un po’ all’ovest.

Oscar afferrò vivamente il cannocchiale che gli veniva sporto, e guardò nella direzione indicata.

– Cosa vedete? – chiese il baleniere.

– Un’asta con due bandiere spiegate ma... quelle bandiere non portano i colori della Svezia e Norvegia.

– Che importa! Forse che fra la confusione d’un naufragio si ha il tempo per la scelta dei colori? I naufraghi avranno trovato sottomano una bandiera inglese ed una americana e l’avranno spiegata.

– È vero, signor Tompson.

– Prepariamo il gran canotto.