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38 i naufraghi dello spitzberg


Comprese che una montagna di ghiaccio si apriva il passo attraverso i palks e gli streams.

– Vedi nulla dinanzi a noi, master?

– No, capitano.

– Alla fortuna allora e che Dio ci aiuti!...

Senza sostare lanciò la Torpa verso il nord-nord-ovest. Stretto dall’ice-berg e dai grandi campi di ghiaccio, cercava tentarsi un passaggio che gli permettesse di sfuggire alla stretta.

La nave correva salendo e scendendo i cavalloni, frantumando, con uno scricchiolìo sonoro, i piccoli ghiacci. Passò sotto l’ice-berg, la cui massa imponente si distingueva confusamente fra il nebbione, toccandolo colle estremità dei pennoni di trinchetto, poi passò oltre colla rapidità del lampo.

Non aveva percorso ancora dieci gòmene, quando si udì una serie di detonazioni spaventevoli, seguite da sordi fragori, poi un tonfo orribile. Un’onda immane balzò in aria come se fosse stata sollevata dallo scoppio di cento torpedini, e si distese sull’oceano con impeto irresistibile, scuotendo furiosamente il veliero.

– È caduto!... – gridò Tompson. Un minuto ancora, e venivamo schiacciati!...

– L’ice-berg? chiese Oscar.

– Sì, professore ed è caduto pochi secondi dopo il nostro passaggio. Il diavolo se lo porti!...

– Ma...

– Zitto, professore!...

Tompson si era curvato innanzi e pareva che ascoltasse con profonda attenzione. Ad un tratto si rialzò e per la prima volta Oscar lo vide col viso alterato.

– Cosa succede, signor Tompson? chiese.