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250 | i cacciatori di foche della baia di baffin |
Il tempo che si era mantenuto buono, permise loro di effettuare quei viaggi senza difficoltà, ma pochi giorni dopo l’inverno polare piombava su quelle regioni colle sue bufere, coi suoi nebbioni e colle sue furiose nevicate. Ormai però i naufraghi della Shannon e gli esquimesi se ne ridevano dei geli e passavano le giornate accanto alla stufa fumando il forte tabacco dei balenieri danesi.
La notte polare durò centosessanta giorni, rischiarata solamente dalla pallida luce della luna e dagli astri polari, o da qualche splendida aurora boreale, ma poi il sole fece la sua comparsa, illuminando per qualche ora l’orizzonte.
Durante quel lungo periodo di tenebre e di freddi intensi, i marinai e gli esquimesi non si annoiarono però. Avevano raccolti i denti delle morse che formavano, in un angolo della caverna, una catasta colossale, avevano conciato le pelli degli animali e fuso il grasso che avevano fatto colare entro una buca profonda scavata nella viva roccia.
Avevano inoltre esplorato dei lunghi tratti di costa, sperando sempre di trovare od i naufraghi od i rottami del Polaris, ma senza alcun frutto. Nemmeno gli esquimesi, più volte interrogati, mai avevano udito a raccontare che su quella terra avessero approdato degli uomini bianchi o che una nave si fosse fracassata su quelle sponde.
Ormai il mastro ed i suoi compagni non aspettavano che la comparsa di una nave baleniera, per imbarcarsi colle loro ricchezze.
La buona stagione finalmente ritornò sciogliendo i grandi banchi, che avevano invasa quasi tutta la baia di Baffin, e le nevi ed i ghiacci che si erano ammonticchiati per cinque lunghi mesi sulle coste.