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capitolo xv — gli esquimesi della baia di baffin | 245 |
– Tu potrai mangiarne quanta vorrai. Conducimi dai tuoi compagni, ora.
L’esquimese, felice per la promessa fattagli dal mastro, condusse i naufraghi fuori della caverna e mostrò a loro i compagni che si erano accampati sui banchi. I sei esquimesi erano occupati ad accomodare le loro slitte, mentre sei dozzine di cani rassomiglianti ai lupi, colla coda molto villosa e gli orecchi corti e appuntiti, stavano sdraiati sul ghiaccio, in attesa di venire attaccati ai leggieri veicoli.
Vedendo comparire i marinai in compagnia di Egurk, gli esquimesi balzarono in piedi, gridando più volte:
– Hoak!... ah!... ah!... ah!... kaah!...[1]
Informati dell’offerta fatta dal mastro, di mettere a loro disposizione quanta carne di tricheco avessero voluto, manifestarono la loro gioia con nuove grida di allegrezza, ripetendo senza posa:
– Kuyanake nalegak soah! (grazie, gran capo, grazie!)
– Amici miei, disse Tyndhall ai suoi marinai, ecco un incontro fortunato. Ci stabiliremo nella grande caverna in compagnia di questi bravi esquimesi e sverneremo tranquillamente. Carne ne abbiamo in abbondanza, di grasso e d’olio per riscaldarci e per cucinare le vivande ne abbiamo, non per un inverno, ma per dieci anni, e durante la lunga notte polare raccoglieremo i denti dei trichechi e prepareremo le pelli. Quando tornerà la primavera, non troveremo difficoltà ad imbarcarci, assieme alle nostre ricchezze, su qualche nave baleniera.
– Ben detto, mastro, risposero i marinai.
– Vi è però una cosa che mi tormenta.
- ↑ Con quelle grida intendono esprimere la loro gioia.