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capitolo xiv — la caverna delle morse 239


Un nitrito acuto, che parve un ruggito, echeggiò nella galleria seguìto da due colpi di pistola scaricati da Mac-Chanty, che si trovava dietro a Charchot.

Mastro Tyndhall, sentendosi libero, retrocesse vivamente e vide l’orso stramazzare pesantemente a terra. Questi vomitava sangue dalla gola orrendamente squarciata dal colpo di rampone ed aveva pure il petto macchiato di sangue in varie parti.

– Seguitemi, amici!... disse Tyndhall.

– Siete ferito? chiesero i marinai.

– Bah!.. Poche graffiature.

Balzò sopra il cadavere dell’orso e si slanciò nella caverna seguìto da Grinnell che portava la lampada accesa e da tutti gli altri.

Quale spettacolo s’offerse allora ai loro sguardi!... Entro una caverna immensa, in mezzo alla quale si scorgeva un grande bacino circolare pieno d’acqua, si trovavano raggruppati cinque o seicento trichechi, quasi tutti vecchi maschi armati di denti lunghi settanta e perfino ottanta centimetri, grossi assai e più bianchi dell’avorio degli elefanti.

Si erano colà radunati per passare tranquillamente l’inverno o per attendere, ai primi raggi primaverili, l’emigrazione delle femmine?...

Vedendo la luce della lampada, rimasero alcuni istanti immobili e silenziosi, come se fossero rimasti abbagliati dall’improvvisa comparsa di quella fiamma, poi retrocessero verso l’estremità della caverna coi peli irti, le zanne alzate e muggendo minacciosamente. Parevano pronti a sostenere l’attacco ed a difendersi disperatamente.

– Per mille balene!... esclamò il mastro, i cui sguardi scintillavano di gioia. Se riusciamo a impadronirci di tutte queste bestie, saremo ricchi tutti, ragazzi miei,