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232 | i cacciatori di foche della baia di baffin |
Questi battelli, che sembrano così fragili e che pesano così poco da potersi portare sul capo colla massima facilità, rendono degli immensi servigi a quei poveri abitanti delle regioni polari. È con quei piccoli galleggianti che vanno a cacciare le foche, le morse e perfino le gigantesche balene, sfidano intrepidamente i ghiacci, scivolando fra i canali ed i canalotti e non temono di affrontare le tempeste.
Essendo tutti coperti, anche sopra, diventano insommergibili e se anche si rovesciassero, gli esquimesi con un buon colpo di spalla, sanno rimetterli in equilibrio. Che più?... Talvolta li rovesciano e tenendosi completamente sommersi, colla testa all’ingiù, percorrono dei tratti ragguardevoli, tornando poi a rivoltarsi con un colpo di remo che loro soli sanno dare.
– Questo kayak potrà esserci utile per cacciare le foche, disse Tyndhall. Tu, Charchot, sai manovrarlo, se non m’inganno.
– Come un esquimese, mastro, rispose il marinaio.
– Ma dove saranno andati gli abitanti di questa capanna? chiese Mac-Chanty. Che siano stati divorati dagli orsi bianchi?
– Io credo invece che siano tornati alla loro tribù, rispose Tyndhall. Tu sai già che durante la buona stagione i cacciatori si disperdono lungo le coste, rimanendo lontani fino alle prime nevicate.
– Che la loro tribù sia vicina?
– Lo spero, ma se potessimo raggiungerla saremmo salvi. Domani ci metteremo in caccia e appena avremo raccolte delle provviste, partiremo a marce forzate. Dormiamo, ragazzi miei, e alla prima luce ci recheremo sui banchi.
Si coricarono nella capanna, sulle pelli di foca, e si addormentarono profondamente sotto la guardia di Fox.