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capitolo xiii — una marcia disastrosa 229


Già nei fiord e nei canali l’acqua aveva cominciato a sgelare e gli uccelli, che nei giorni precedenti erano fuggiti verso il sud, avevano fatta la loro comparsa, l’ultima della stagione, su quelle sponde desolate.

Si vedevano svolazzare i piccoli auk sopra i banchi ed i piccoli plectrophanes nivales e sulle rupi della costa si udivano a pigolare i borgomastri (larus glaucus) e le urie nere. Anche qualche lupo era stato veduto a scorrazzare in prossimità delle coste e qualche volpe turchina o isatis, animale dal pelo lungo, abbondante, morbido, d’una bella tinta azzurrina, voracissimo e così audace, che osa perfino rodere le suole delle scarpe dei marinai che dormono sotto le tende.

Mastro Tyndhall, che vedeva i viveri a scemare con rapidità spaventevole, aveva cercato di avvicinare i lupi e le volpi, ma senza buon esito, essendo questi animali assai diffidenti.

La mattina del 16, però, era riuscito ad uccidere una lontra marina che aveva sorpresa in fondo ad un fiord, nel momento in cui usciva dall’acqua tenendo in bocca un grosso pesce. Questi anfibi sono piuttosto rari sulla Terra di Baffin e nelle isole vicine, ma sono invece ancora numerosi nei paraggi dello stretto di Behering e alla foce del Makenzie, quantunque i cacciatori della Compagnia dell’Hudson facciano loro una caccia accanita per impadronirsi delle pellicce.

La loro carne è mediocre, ma la loro pelle che è morbida, lucente, bellissima vale un migliaio di lire e talvolta la si paga perfino millecinquecento lire.

La lontra, abbattuta con un colpo di fucile, fu subito cucinata e divorata dai sette naufraghi, che cominciavano a provare le strette della fame.

Quel pasto abbondante e sostanzioso rinvigorì le loro