Pagina:Salgari - Nel paese dei ghiacci.djvu/260

228 i cacciatori di foche della baia di baffin


ancora del grasso e si rimisero in marcia, decisi a non arrestarsi se non completamente sfiniti.

Scalata la sponda opposta del fiord si gettarono fra le nevi dell’altipiano, avanzando colla massima celerità, ma facendo una fatica immensa, poichè non potevano più trovare un terreno solido, nè adatto per una rapida marcia.

Gli strati superiori della neve, non avendo avuto il tempo di gelare pel brusco rialzo della temperatura, cedevano facilmente sotto i piedi dei marinai, sicchè quella marcia era accompagnata da continue cadute.

Talvolta anche gli strati si abbassavano improvvisamente, la crosta gelata che si trovava sotto si spezzava ed i sette uomini precipitavano entro dei crepacci profondi, dai quali faticavano assai ad uscire.

Nondimeno camminarono tutto il giorno, non facendo che due brevi fermate e alla sera si accamparono sotto una rupe, dopo d’aver percorso una dozzina di miglia, distanza enorme, tenuto conto del cattivo stato del terreno e dei numerosi ostacoli superati.

L’indomani fu un’altra corsa disperata attraverso alle nevi dell’altipiano, ma più faticosa del giorno precedente. La temperatura si era notevolmente rialzata e gli strati di neve, diventando più deboli, aumentavano le cadute ed imprigionavano i piedi.

Pareva che il sole, prima di tramontare per quattro o cinque lunghi mesi, volesse tentare un ultimo sforzo per sciogliere quelle nevi e quei ghiacci e nelle poche ore che rimaneva ancora sopra l’orizzonte splendeva superbamente, proiettando su quei grandi ice-bergs e su quegli sterminati campi, che la corrente ed i venti del polo accumulavano nella baia di Baffin fasci di luce abbagliante.