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capitolo xi — il ritorno di grinnel 219


Il mastro se lo prese in braccio e si mise a correre verso la caverna seguìto da Charchot e dal cane, il quale abbaiava festosamente.

I marinai, svegliati da quei latrati e dalle grida del mastro, si erano già alzati. Vedendo il loro camerata che ormai avevano creduto di non più ritrovare, gli furono tutti attorno soffocandolo di domande, ma Tyndhall impose a loro silenzio.

Fece stendere a terra la tenda, vi sovrappose una pelle d’orso, vi adagiò Grinnell e lo spogliò rapidamente.

– Presto, della neve o quest’uomo gelerà, disse.

Mac-Chanty e Thorn si slanciarono fuori e rientrarono con due grosse palle di neve, mettendosi a strofinare vigorosamente le membra del loro camerata.

Intanto Tyndhall aveva sturata la fiaschetta contenente il ginepro e dopo di averne fatto bere alcuni sorsi, aveva inzuppato un fazzoletto e si era pure messo a strofinare il petto del marinaio.

Quando vide la pelle riprendere il primiero colore, avvolse per bene quel corpo semigelato in una pelle d’orso, poi nella grossa tela della tenda.

– Ti senti meglio, amico mio? chiese.

– Benissimo, mastro, rispose Grinnell, ma se tardavate a trovarmi, morivo gelato.

– Ma come ti sei salvato? Non eri caduto nelle fenditure del banco?

– Sì, mastro, e se Fox non mi avesse afferrato per la pelliccia e mi avesse trascinato su di uno stream staccatosi dal banco, non mi avreste di certo più ritrovato vivo.

– Ah! È stato Fox?... Bravo e fedele cane! Ma perchè ti ha poi abbandonato?