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218 i cacciatori di foche della baia di baffin


Ad un tratto udirono i latrati di Fox, ma cosa strana, parevano latrati festosi invece che di collera. Charchot, sorpreso, stava per fare l’osservazione al mastro, quando vide avanzarsi fra la nebbia, strisciando sul ghiaccio, la forma oscura.

– Eccolo, mastro! gridò.

Tyndhall balzò innanzi colle pistole in pugno. Già si preparava a fare fuoco, quando quella forma oscura si mise a gridare:

– Fermi!... Sono Grinnell!... Non fate fuoco!...

– Per centomila balene!... urlò il mastro. Tu Grinnell!

– Sì, mastro.

– E noi stavamo per ucciderti!...

Si precipitò verso il marinaio, lo alzò come se fosse un bambino e se lo strinse fra le vigorose braccia, ripetendo:

– Tu!... Tu!... Ah! Quanto sono contento di averti ritrovato, mio bravo marinaio.

– Ed io forse più di voi, mastro.

– Qua una stretta, camerata, gridò Charchot. Quando penso che noi stavamo per ucciderti credendoti un orso, mi viene la pelle d’oca.

– E gli altri, sono vivi tutti? chiese Grinnell.

– Tutti rispose Tyndhall. Ma tu, come ti sei salvato? Ti avevamo pianto come morto.

– Sono vivo per miracolo, ma racconterò ciò più tardi. Portatemi in qualche rifugio, poichè sono assiderato e non posso più reggermi in piedi.

Il povero marinaio diceva il vero; era ridotto in uno stato veramente miserando. Il suo vestito di pelle d’orso era tutto inzuppato d’acqua e incrostato di ghiacciuoli: il suo viso era diventato bianco per un principio di congelazione e le sue membra erano già così irrigidite che non riusciva più a piegarle.